Maison de la Culture du Japon – K. Armstrong, J. Armstrong, M. Yamanaka

Quay Branly 101 bis, Paris (orari: mar/mer/ven/sab 12-19, gio. 12-20, dom/lun chiuso)

Considerato il simbolo della cooperazione franco-giapponese, la Casa della Cultura del Giappone cerca di aiutare il pubblico europeo ad acquisire una più profonda conoscenza della cultura orientale. Una competizione aperta agli architetti registrati in Francia e Giappone fu tenuta nel 1989 per il progetto della suddetta costruzione, il governo francese concesse 1670 mq nella zona del Quai Branly e le più alte autorità della città di Parigi si accordarono per arrotondare la strada lungo il confine del sito in modo da poter rendere la facciata curva continua. Proprio la facciata curva è stata una notevole caratteristica del progetto vincitore di Armstrong Associates e

Masayuki Yamanaka, essa presenta una doppia parete vetrata con la funzione di alleggerire l’edificio e conferisce riflessi verdognoli simili alla pietra di giada. Un gioco di diagonali, curve, affacci sulla Senna e passaggi aerei amplia virtualmente lo spazio. Il progetto vincitore è stato rivisitato in molti aspetti. L’edificio ultimato ha una superficie netta di 7500 mq disposta su 11 piani di cui cinque di essi sottoterra, in cui è incluso un parcheggio sotterraneo a livello meno cinque. Il ristorante che sarebbe previsto sul tetto non è ancora stato costruito.

L’edificio presenta un grande auditorium in grado di ospitare 400 spettatori ed è equipaggiato da una sala computer che offre trenta postazioni con differenti applicazioni. Gran parte del piano terra è occupato da posti di servizio, scale antincendio e luoghi di sorveglianza. Una seconda sala multifunzionale, che occupa in altezza due piani dell’edificio, può ospitare 50 spettatori ed è principalmente usata per la proiezione di film, ma può essere sgomberata per creare uno spazio di 300 mq ininterrotto. Al secondo piano vi è uno spazio per le esposizioni di 500 mq, che può essere continuo o diviso in più parti. Il design degli interni e la qualità delle finiture di questi spazi pubblici trae spunto dal lavoro del gruppo Foster: presenta tavoli da lavoro “Tecno” simili a quelli della Nimes Mediatheque e grandi scaffali di betulla per i libri come quelli disegnati per la biblioteca della facoltà di legge di Cambridge. Armstrong ha fatto buon uso delle viste sull’esterno, infatti gli utenti godono di una magnifica vista della Senna, della Tour Eiffel e dell’ edificio dell’ambasciata australiana di Harry Seidler costruito nel 1978. L’articolazione degli spazi interni risulta confusionaria, l’accumulazione di spazi in maniera inopportuna e volumi residui intorno all’entrata principale mostrano una mancanza di organizzazione che culmina in prossimità dell’ingresso principale, in una zona vuota parzialmente schermata e senza tetto che offre il prosaico spettacolo di una ponderosa intelaiatura strutturale.